28 ottobre 2013

Lanterna Verde - Recensione

Lanterna Verde resta uno dei supereroi più amati dell'universo DC, anche se non rientra tra i classici dell'immaginario comune come Batman o Superman. Nonostante ciò, non aveva ancora fatto il suo debutto nel cinema moderno.
Quest’adattamento, affidato al regista Martin Campbell (La Maschera di Zorro, Casino Royale), rispecchia abbastanza fedelmente il fumetto, ma è accessibile anche a chi delle vicende narrate nella carta patinata sa poco e nulla.
Analizzando il film, notiamo senza dubbio una buona fotografia e degli ottimi effetti speciali, i quali sono visivamente gradevoli ma inutili alla storia. Perché dovrebbe essere interessante osservare piste smeraldo costruite da un anello? 
Va riconosciuta anche una certa bravura a Rayan Reynolds per l'interpretazione del protagonista, anche se Hal Jordan risulta troppo spaccone, lontano, quindi, da quello conosciuto nei comics e più simile alla futura Lanterna Guy Gardner.  
Hector Hammond, interpretato da Peeter Sarsgaard, è, di fatto, la nemesi dell'eroe, si nota da alcuni simbolismi, come le analogie/differenze tra i due personaggi che, se elaborate meglio, sarebbero risultate indubbiamente più interessanti.
Blake Lively interpreta, invece, Carol Ferris, personaggio sicuramente minore in quest’adattamento, inserito per mantenere la congruenza con il fumetto e aggiungere la classica bella presenza.
Passiamo alle vere note dolenti. Campbell, si vede, è un regista d'azione. Duelli e scazzottate funzionano alla perfezione, il resto è tutto molto più blando, poco sviluppato e se non fosse per le menzionate scene, si cadrebbe preda della sonnolenza. 
La trama lascia un po' a desiderare, è scontata e banale, tipica dei più classici film sui supereroi e per questo vista e rivista. Il tutto, inoltre, ruota attorno ad un insistente contrasto coraggio/paura, volto a dare a tutti i costi una morale al film.
In sinstesi, Lanterna Verde è un prodotto che lascia indifferenti, non annoia, ma nemmeno esalta. Certamente da non paragonare con film ben più riusciti nel suo genere, ma che in parte intrattiene grazie alle scene d'azione e ai suoi effetti speciali.

-D.R.Cobb-

25 ottobre 2013

L'Impero dei Vampiri - Recensione -

Gwendolyn Perrow vive in Cornovaglia con la sua migliore amica e la sua amata famiglia.E' una bambina dolce e spensierata finchè, quando inizia il suo percorso scolastico, si accorge di essere diversa dai suoi coetanei. Gwendolyn è una persona estremamente sensibile ed è per questo motivo che fin da piccola riusciva a vedere i mostruosi vampiri che la circondavano...
"L'Impero dei Vampiri, ovvero i vampiri dominano il mondo" di Pia Tampopo è un libro tutto da interpretare: possiamo mantenerci in superficie e leggerlo come un semplice romanzo di finzione, oppure possiamo cercare tra le righe e decifrarne le numerose metafore.
Nel racconto seguiremo tutta la vita della nostra protagonista Gwendolyn, una bambina che diventa adulta e che tenta di salvarsi da un mondo dominato dai mostri. I mostri della nostra storia non sono semplici vampiri con vestiti eleganti e proprietari di un antico castello, sono persone contaminate dalla superficialità ed hanno un aspetto assolutamente normale, ecco perchè sono così letali. Più sono potenti e più sembrano normali ai nostri occhi, sono banali persone e banali adolescenti avvelenati da un morbo che risucchierà tutta la loro linfa Vitale fino a renderli semplici involucri vuoti. La nostra eroina dovrà lottare contro il Nulla che invade la vita di tutti i giorni, si troverà a dover sconfiggere ogni giorno i demoni che popolano il pianeta e noi dovremmo cogliere il suo messaggio continuando a lottare contro i nostri di demoni imparando a non cadere nel baratro del Nulla che ormai ha corrotto gran parte della nostra esistenza.
Sta al lettore dunque interpretare le azioni di Gwendolyn e farne tesoro per il proprio futuro. Consiglio questa lettura soprattutto ai ragazzi, perchè possa accompagnarli ed aiutarli a pensare con la propria testa, a sfuggire da una vita vuota e senza valori.

- Valheesy -

24 ottobre 2013

L'Ombra del Vento - Recensione -

Nel 1945 a Barcellona Daniel Sempere e il suo malinconico padre gestiscono una semplice libreria. Un giorno il padre di Daniel lo accompagnerà in un luogo chiamato "il Cimitero dei Libri Dimenticati" dove suo figlio potrà sciegliere il libro che lo guiderà per il resto della sua vita. Il nostro eroe scoprirà entusiasmanti misteri di un passato perduto in una Barcellona mai vista prima.
"L'Ombra del Vento" di Carlos Ruiz Zafòn è un libro veramente completo, ricco di avventure, episodi drammatici, magia e soprattutto misteriosi segreti; il titolo paradossale già ci suggerisce una profonda riflessione e ci trasporta in un tempo nostalgico dove la vita era più semplice e dove i sentimenti erano più forti: il tempo del vero amore e della vera amicizia.
I personaggi variano dai ricchi benestanti agli umili lavoratori, ognuno ha una sua personalità e una propria storia che mano a mano si amplierà sempre di più fino a completare questo romanzo nei minimi dettagli. È così ricco di particolari, per l'appunto, che a distanza di anni faremo fatica a ricordare tutta la trama e saremo piacevolmente costretti a imbatterci in una rilettura di questo splendido libro. Ciò che lo rende così meraviglioso è proprio la sua sfuggevole entità, ogni qualvolta lo rileggeremo capteremo sempre qualche riflessione che prima non avevamo notato, è un libro che non finisce mai quasi come se fosse veramente magico. Questo testo sarà per noi come un caro amico, alla fine proveremo tutta la nostalgia e la malinconia che racchiude dentro di sè, e ci rattristerà continuare con la consapevolezza che ci stiamo avvicinando all'ultima pagina, come se fosse il capolinea di una vera e propria amicizia. Di certo non fa parte della cerchia dei classici ma parliamo comunque di un romanzo scritto bene, curato nei particolari della trama ben intrecciata e nella storia di ogni personaggio. In alcuni punti, per qualcuno, potrebbe sembrare anche banale ma credo che sia piacevole farsi trasportare da un libro che vuole parlare di emozioni, passioni e ... di libri.
Per concludere consiglio questo romanzo a chiunque voglia rilassarsi con una buona lettura senza pretendere troppo.

- Valheesy -

22 ottobre 2013

Storie di Ordinaria Follia - Recensione -

Storie di Ordinaria Follia - Erezioni Eiaculazioni Esibizioni di Charles Bukowski è una raccolta di racconti erotoci, fantasiosi e autobiografici.
Questo romanzo è caratterizzato da un linguaggio molto semplice, a tratti scurrile ma allo stesso tempo chiaro e conciso. Ci troviamo difronte a una lettura complicata per i disgustosi dettagli inerenti principalmente atti sessuali e violenze carnali alternati a nozioni sul migior metodo di scommessa sulle corse di cavalli.
Accompagnato dal già famoso nome dello scrittore, questo libro ha riscosso molto successo forse grazie anche alla nota trasgressiva che lo rende quasi un oggetto proibito. La cosa che più si avvicina al genere di questo romanzo è sicuramente uno schiaffo in pieno viso: senza peli sulla lingua il nostro autore ci propone una sfilata di racconti che descrivono la vita quotidiana di coloro che più hanno subito le intemperie della crisi economica del '29, usando il suo tipico linguaggio vivo e diretto. I suoi personaggi sono la feccia della società, coloro che più vengono emarginati, i più violenti e i più immorali; sono uomini e donne che non hanno resistito, sono rimasti inermi mentre il mondo attorno a loro cambiava così velocemente trovando nell'alchool e nel sesso l'unica risposta. Riflettendo su questo testo credo che potremmo capire il complicato meccanismo della società: trasgredire, distinguersi dalla massa, essere diversi e sopravvivvere sono le parole chiave di questi racconti che a molti disgustano, ma tutti li desiderano. Mescolando fantasia e realtà Bukowski ci dona un romanzo che potrete odiare o amare ma sicuramente lo ricorderete per sempre.

Un testo creato per provocare e che, a distanza di anni, colpisce ancora. 

- Valheesy -

21 ottobre 2013

Citazioni Film

Citazioni Libri

Il Profumo - Recensione -


In una Parigi maleodorante del diciottesimo secolo nasce Jean-Baptiste Grenouille, un ragazzo solitario e taciturno che nella sua vita impara a conoscere l'odio e il disprezzo per tutti gli esseri umani. Egli però ha uno strano dono, ha un olfatto particolarmente sviluppato e passerà intere giornate a classificare ogni tipo di odore scoprendo di non averne uno personale. Grenouille così diventerà un freddo assassino in cerca del profumo perfetto creato con le sue stesse vittime.
"Il Profumo" di Patrick Suskind è un libro drammatico che ci affascina fin dalle prime pagine facendoci entrare nella folle mente del protagonista Grenouille. Egli è un uomo semplice a cui manca l'eleganza e la compagnia di un altro essere umano, viene abbandonato da tutti fin dalla sua nascita conoscendo solo l'odio e l'egoismo tipiche di un epoca tanto bella quanto spietata. Lui non parla mai se non per pronunciare semplici nomi di oggetti che distingue grazie all'odore, solo lui riesce a percepire la fragranza del legno, del mare, della terra e di ogni singola persona tranne la sua. Una spiacevole ironia quella del protagonista, colui che è schiavo degli odori non ne possiede uno proprio. Tra i profumi dell'epoca striscia l'ostentata voglia di sopravvivenza di Grenouille che succhia la linfa vitale della sua misera esistenza fino al midollo, inebriandosi tra le particelle odorose che inala a pieni polmoni come se fosse la sua ultima boccata di ossigeno; ed è così che inizia a immaginare la forma del proprietario di quella droga da lui così ambita, ma vuole di più. La sua geniale pazzia prende le redini della carne, l'assassino che è in lui cerca impaziente la fonte della sua estasi per riuscire a intrappolare quel profumo che l'ha fatto innamorare. Un'Amore puro, l'odore di quell'Amore che fa perdere i sensi e che riesce a insinuarsi dentro i nostri pensieri trasformandoci in primitivi comandati solo dagli istinti più primordiali. Grenouille non vuole fama e ricchezza, il suo sogno è creare il Profumo per eccellenza anche se per fare ciò dovrà sacrificare delle vite. Agisce in preda all'istinto senza comprendere il dolore che provoca perchè in lui non c'è sentimento.
Tra le parole del romanzo possiamo cogliere il frutto delle più profonde riflessioni del nostro autore che ci racconta la romantica storia di un'assassino, ci mostra l'importanza del sentimento dell'Amore ma anche della sua semplice caducità. Un'Amore desiderato da chiunque, anche dal più freddo omicida, un'egoismo intrinseco nella nostra natura e la debolezza propria della carne che non può competere con la forza dello spirito di un folle che non si farà mai comandare dal fato ma sarà sempre lui, o meglio l'Amore per se stesso, l'artefice del suo destino.
Un'assassino incapace di amare ma che non può rinunciare a quel sentimento, capiremo perché lui odia, perché uccide e perché vive e attraverso i suoi occhi capiremo perché noi stessi viviamo sopportando tutto l'odio e l'amore del mondo e infine rifletteremo sulla nostra specie limitata , sulla normalità e la monotonia di un esistenza senza senso dove l'unico a trovarlo è proprio il folle, colui che ha il coraggio di ammettere, di porsi domande e di mettere la parola fine quando realmente trova una fine, senza sottomettersi alle irrazionali regole del fato.
Ci troviamo difronte a un romanzo fuori dal comune, lo scrittore infatti ci propone una descrizione olfattiva invece che visiva imparando così a vedere anche con uno dei sensi ai quali, forse, diamo meno importanza. Una lettura consigliata perché veramente ben narrata e perché ci mostra un mondo nuovo che viene spesso sottovalutato: quello degli odori.

- Valheesy -


19 ottobre 2013

Bling Ring - Recensione

Scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola, Bling Ring racconta la vera storia della banda più famosa di Hollywood.
In una Los Angeles tormentata dal successo, un gruppo di adolescenti, ossessionati dala vita delle star, inizia ad introdursi nelle abitazioni dei divi sottraendo beni di lusso per un valore di 3 milioni di dollari.
Il film non risulta uno dei migliori della cineasta statunitense. Il ritmo è piuttosto lento, dilatato dal ripetersi degli avvenimenti. Questa reiterazione è tuttavia funzionale alla descrizione della superficialità dei personaggi, ma oltre al mero racconto degli episodi, la regista non fa nessuno sforzo interpretativo. Non viene data alcuna motivazione del perché questi ragazzi fanno ciò che fanno. Le loro storie personali vengono lasciate in secondo piano.
Da ciò si evince, chiaramente, che le intenzioni della Coppola non sono puramente quelle di portare sul grande schermo le vicende della banda del Bling Ring, ma quelle di muovere una critica al vanesio mondo delle celebrità. I giovani d'oggi ne vogliono disperatamente far parte, non inseguendo il sogno di fama e grandezza, ma bramando lo status, la possibilità di entrare nei locali giusti con gli abiti giusti. 
Il cast sorprende decisamente in maniera positiva, dai più conosciuti, come Emma Watson, ai meno noti. Attraverso le loro interpretazoni traspare appieno il messaggio lanciato dalla regista.
Il talento di Sofia Coppola non si discute, la storia tuttavia sembra piuttosto scarna tanto da risultare un po' misera, costringendo la cineasta a dilatare i tempi, come già sottolineato, tanto che in alcuni momenti sembra di assistere ad un documentario sociale più che a un film, inteso nel più comune senso del termine.

-D.R.Cobb-

11 ottobre 2013

Il Funerale è Servito (Festa col Morto) - Recensione

"Il Funerale è Servito" è il remake in salsa stelle e strisce della più fortunata commedia inglese "Funeral Party"(Death at a funeral).
La storia racconta le vicende di una famiglia che si ritrova per il funerale del suo patriarca. Tra vecchi rancori e conflitti familiari, spunta Frank, che sostiene di essere stato l'amante gay del capofamiglia, scombussolando ulteriormente gli equilibri.
Il film è scritto dallo stesso sceneggiatore del precedente, Dean Craig, ma diretto questa volta da Neil LaBute. Il cast è di prim'ordine e la storia ben sviluppata, ma la commedia non diverte come l'originale. Le diverse trame non si intrecciano mai e ad un certo punto svanisce anche quello che dovrebbe essere il collante del film, il funerale. Questo sembra non esserci più e si finisce per assistere a tanti sketch sparsi qua e là, più o meno riusciti. Il black humor che caratterizzava la pellicola originale non lo si ritrova e il senso del remake sparisce con esso. 
Film sconsigliato, ancor più per chi ha già visto "Funeral party", infatti questo lungometraggio non aggiunge niente di nuovo e le gag sono pressoché identiche, cambiano solo gli attori.

-D.R.Cobb-